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Fotografia, sound design (2021-2022)

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Committenza Fondazione Maxxi in collaborazione con MUNDA per la collettiva "In Itinere" a cura di Bartolomeo Pietromarchi e Fanny Borel (Maxxi L'Aquila 14 marzo-12 giugno 2022)

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Lo scheletro fossile del Mammuthus meridionalis, risalente a 1.300.000 anni fa, è stato rinvenuto nel 1954 presso l’ex fornace Santarelli, una cava d’argilla presso Madonna della Strada di Scoppito, in provincia dell’Aquila. Un esemplare caratterizzato dall’assenza della difesa sinistra, persa in vita, che gli causò infezioni e disturbi motori, nonostante i quali visse  fino a tarda età morendo in prossimità del lago pleistocenico. Le sedimentazioni argillose hanno permesso il ritrovamento del reperto in condizioni ottimali.

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L’opera ne analizza attraverso la fotografia gli aspetti scientifici e il valore simbolico e iconico che rappresenta per la città. Il titolo del progetto Bias (dall’inglese “pregiudizio”, “distorsione”) fa riferimento alla zanna mancante del Mammut. Questa assenza diventa emblema di disequilibrio, segnando una frattura nel tempo profondo che accomuna le nostre fragilità a quelle dell’animale preistorico.

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Il riferimento all’acqua e al paesaggio contemporaneo suggeriscono riflessioni sulla ciclicità del tempo e sul fragile equilibrio del nostro ecosistema, tra estinzione e rinascita.

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(2015-2017)

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Progetto realizzato con il contributo di Fillea CGIL della Provincia dell'Aquila e Gran Sasso Science Institute, presentato ad aprile 2016 presso Ex Asilo Occupato, L'Aquila. Pubblicato da DRAGO nel 2017.

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"Nell'aprile 2009 un violento terremoto ha trasfigurato L'Aquila, imprigionando il suo centro storico in quattro anni di paralisi.

 

Oggi il capoluogo abruzzese è il cantiere edile più grande d'Europa, ripopolato da migliaia di uomini impegnati nei lavori di ricostruzione. «Uomini che arrivano all'alba e vanno via al tramonto, che tornano in gran parte in dormitori intorno al loro lavoro e che, nella maggioranza, sono andati via da altre città, da altri paesi, da altre terre per ricostruire un'antica nuova città.

 

Le mani della città" sono le mani di questa nuova cittadinanza - locale, straniera e migrante - che le fotografie di Claudia Pajewski documentano nel dinamismo del lavoro quotidiano, senza rassegnazione o vittimismo."  (Michela Becchis, Le mani della città, DRAGO Publisher 2017)

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(2016)

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All’alba del 24 maggio 2016 la polizia greca ha iniziato le operazioni di sgombero della tendopoli autogestita di Idomeni, il piuÌ€ grande campo profughi della Grecia. Decine di unitaÌ€ antisommossa hanno portato a termine l’operazione in soli tre giorni.

 

I rifugiati, prevenienti in prevalenza dalla guerra civile siriana, ma anche da Pakistan e Afghanistan, sono stati diretti ai campi militarizzati a nord di Salonicco senza fornire loro alcuna informazione, mentre le ruspe demolivano sotto i loro occhi le tende, e insieme a queste il sogno di oltrepassare la frontiera alla ricerca di una vita normale.

 

Al tramonto del 26 maggio, quando l’accesso al campo eÌ€ stato di nuovo permesso ai giornalisti, nel silenzio irreale restavano solo cumuli d’immondizia, testimonianze di vite interrotte poche ore prima.

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(2016)

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Progetto di arte pubblica site specific promosso da Off Site Art in partnership con ArtBridge, in collaborazione con Actionaid e Comune dell'Aquila.

 

Anna, aquilana classe 1927, sussurra una parola segreta nell’orecchio della pronipote Giulia, nata nel 2012. La parola è trasmessa di bocca in bocca, un bimbo dopo l’altro fino al più piccolo di pochi mesi.

 

E’ un tempo circolare che parla di memoria intergenerazionale‬, l’immota manet che mantiene viva l’anima della città in ricostruzione. I bambini di queste fotografie sono nati in una città-cantiere. Conosceranno L’Aquila di ieri solo grazie ai racconti delle generazioni che li hanno preceduti. A noi il compito di trasmettere l’identità del territorio, a loro quello di farci innamorare del presente. In questa chiave nulla può essere distrutto: memoria e creatività sono il vero cemento di una città che lotta per rinascere. 

(2012-2013)

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Selezione BJCEM 16 Young Artist Biennale

Committenza Galleria Spazio Elastico, Bologna, Gender Bender Festival 2012

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Performance, 30 min.

di Claudia Pajewski e Valentina Beotti, con Valentina Beotti.

 

Una stanza bianca. Una boxeur. Un pubblico e un contesto distante ma invadente. Un match diviso in tre round alla ricerca di un senso. Cosa rende possibile lʼempatia con la sofferenza del proprio avversario?

 

La nobile arte è unʼindagine non oggettiva sulla violenza dell'amore. Sul senso che gli si attribuisce durante la sua assenza, sull'indecifrabilità che assume mentre lo si vive, sul significato che gli si riconosce dopo averlo perso. Tre fasi di un combattimento e pochi sublimi attimi capaci di giustificarne lʼintera durata. 

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(2011-2012)

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“La pornografia era, e prevalentemente rimane, un prodotto di uomini per gli uomini. La ricerca del piacere, che non sia quella del maschio, non eÌ€ immaginata ed eÌ€ tagliata fuori da ogni narrazione e rappresentazione. Sesso, sessualitaÌ€, immaginari, pratiche, corpi, desideri, piaceri: questi termini sono stati insomma, fin dalla nascita della pornografia, definiti da una prospettiva maschile per la costruzione di un certo tipo di uomo: eterosessuale, bianco, dominante. [...] Per anni ci eÌ€ stato fornito un unico immaginario sessuale che ha avuto un imponente e drammatico effetto culturale stabilendo il limite delle nostre possibilitaÌ€, ingabbiando corpi e portando a desideri indotti. La pornografia mainstream eÌ€ un dispositivo di potere culturale, sociale e politico facile da smascherare ma difficilissimo da smantellare, per la sua capacitaÌ€ di radicarsi e sedimentarsi. (Tratto da: “Post Porno, corpi liberi di sperimentare per sovvertire gli immaginari sessuali”, Valentine aka Fluid Wolf, R. Cinerari 2020)

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THE BEST IS YET TO CUM
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(2006-2007)

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Film fotografico, durata: 4'13''

Regia, fotografia: Claudia Pajewski

Montaggio: Donye

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[....] Le serate di Phag Off, una specie di format in cui l’ereditaÌ€ rave viene fatta incontrare/scontrare in maniera piuÌ€ esplicita con la cultura queer, erano un concentrato gioioso di «edonismo con una causa» e sessualitaÌ€ vissuta: i comportamenti «estremi» erano la norma. [...] Tutti erano benvenuti, indifferentemente da preferenze sessuali, provenienza e bagaglio culturale. [...] Phag Off diventoÌ€ una delle feste/serate piuÌ€ famose della cittaÌ€: arrivarono quindi le file interminabili e un senso d’aspettativa che, col tempo, incrinoÌ€ per sempre la gaia spontaneitaÌ€ degli inizi. Nel frattempo, anche grazie al Metaverso (e ad altri piccoli club di zona, molti dei quali incarnazione del passaggio tra fase rave/illegalista e fase clubbing/legale), Testaccio divenne il primo, pompatissimo quartiere dei divertimenti notturni di Roma, le sue geografie interne radicalmente sconvolte da un’esorbitante presenza di club e locali. La gentrificazione seguiÌ€ a ruota e fu immediata, completamente lasciata a se stessa e priva di qualsiasi strategia che non fosse l’interesse privato. (Tratto da: Valerio Mattioli, “RIP club culture (finalmente)”, 15 giugno 2021, not.neroeditions.com. “SPAZIO CALMO musica, architettura, corpi”, Supersanto, 2021)

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Premiered at Gender Bender Festival 2008, Bologna.

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